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sabato 8 giugno 2013

Attentato in Afghanistan, morto un capitano italiano.

L’attacco nella zona di Farah: tre feriti. Dalle prime ipotesi sulla dinamica, emerge una nuova tattica d’assalto: una bomba a mano dentro un “Lince”. È il 53° militare ucciso dal 2004 a oggi

Afghanistan, 8 giugno 2013 - Un capitano del 3° Bersaglieri ucciso, altri tre militari feriti. Due di loro sono gravi. Preoccupano soprattutto le conduzioni di un maresciallo, “sottoposto ad un delicato intervento chirurgico”, secondo quanto riferito da fonti attendibili. È il bilancio dell’ennesima giornata nera per la missione italiana in Afghanistan.

Il capitano ucciso si chiamava Giuseppe La Rosa, nato nel 1982 a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), celibe. Abitava a Casamassima (Bari). Il ferito più grave è il maresciallo capo dei bersaglieri (8vo Rgt) Giovanni Siero, originario di Desenzano del Garda e residente a Casapulla (Caserta).

Gli uomini del nostro contingente sono caduti in quella che viene definita “un’imboscata”. Nel mirino un convoglio di mezzi del Transition Support Unit South, che viaggiavano incolonnati nell’area calda di Farah dove, si legge in un comunicato dello Stato Maggiore della Difesa, avevano “svolto attività di sostegno alle unità dell’esercito afghano”. Rallentando, in prossimità di un incrocio nei pressi dell’abitato della città, i Lince si sono quasi fermati. E’ a quel punto che è scattato l’agguato. Secondo le primissime ricostruzioni dei fatti, spuntando fuori dal nulla, un uomo che indossava abiti civili sarebbe riuscito ad avvicinarsi al primo dei veicoli blindati, lanciandovi dentro una bomba a mano, profittando del pertugio offerto dalla botola sopra la quale è posizionato il mitragliere sulla ralla girevole del mezzo.

L’altra ipotesi è che l’attentatore sotto mentite spoglie abbia attirato l’attenzione dei militari con uno stratagemma, segnalando una emergenza che avrebbe indotto gli italiani ad aprire lo sportello del Lince.
A quanto pare il capitano ucciso era seduto - come d’uso per i capi convoglio - sul posto davanti, vicino al conducente.

Una fonte militare afferma: “Se confermata questa ricostruzione dei fatti, saremmo di fronte ad una novità, ad una pressoché inedita TTP, Technical-Tactical-Procedure” negli attacchi dei cosiddetti insurgents.
L’agguato e’ stato compiuto nel pieno della “fighting season” annunciata dai taleban a fine aprile: sta causando soprattutto vittime fra i soldati afghani, che ormai sono in prima linea in tutte le operazioni sul terreno. La scorsa settimana sono caduti 104 uomini delle forze locali. Ma i miliziani, sempre a caccia di azioni clamorose (come quella che ha ferito gravemente la funzionaria dell’OIM Barbara De Anna, lo scorso mese a Kabul) sono sempre pronti a colpire i militari dell’ISAF. Meglio se, come stavolta, con attacchi che, oltre a fare vittime, sono in grado di suscitare clamore.

Quindici giorni fa a Kabul Barbara de Anna è stata vittima di un attacco condotto dai taleban. La cooperante italiana è attualmente ricoverata in Germania.

Con la morte del militare italiano oggi a Farah sale a 53 il numero dei caduti italiani in Afghanistan, dal 2004 ad oggi, della missione internazionale Isaf. Si tratta della prima vittima del 2013. L’ultima vittima risale al 25 ottobre scorso quando morì il caporale Tiziano Chierotti in uno scontro a fuoco a Bakwa nella provincia di Herat nel corso di un’operazione congiunta della Task Force South Eastcon l’unità del 207esimo Corpo dell’esercito afghano.

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa “con profonda commozione” la notizia del tragico attentato, ha espresso “i suoi sentimenti di solidale partecipazione al dolore dei familiari del caduto, rendendosi interprete del profondo cordoglio del Paese”. Napolitano ha formulato “l’accorato auspicio che i militari feriti nell’attacco possano superare questo momento critico”. (lastampa.it)
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